Fecondazione assistita: una questione di Stato

23, Jan, 20

Fecondazione assistita: una questione di Stato

 

E’ di qualche settimana fa la notizia che il Primo Ministro ungherese, Viktor Orban, ha “nazionalizzato” sei cliniche di fecondazione.

Cosa significa? Significa che il settore è stato chiuso ai privati ai quali non vengono concesse più autorizzazioni e oggi, in Ungheria, una coppia alla ricerca di un figlio, può accedere gratuitamente ai trattamenti di Procreazione Medicalmente Assistita e, dettaglio non trascurabile, senza liste di attesa.

Non entriamo nel merito della condivisione o meno dei valori umani e dell’ideologia politica del soggetto politico in questione. Soffermiamoci solo su questa decisione importante per una nazione, la quale, se continuerà a mantenere il trend attuale in termini di nascite, nel 2050 avrà una popolazione il 20% inferiore rispetto al 1989.

Prendiamo l’iniziativa, considerata strategica per l’Ungheria, come spunto di riflessione.

Quante coppie anche nel nostro Paese, potrebbero trarre beneficio da una simile manovra? Il tema riguardante il calo dell’infertilità e la conseguente diminuzione delle nascite dovrebbe occupare le prime pagine dell’agenda politica italiana?

Chi ci è dentro sa cosa significa entrare nel tunnel PMA. Un tunnel dal quale non si sa quando e come se ne esce. Sicuramente, e a prescindere dall’esito, alla fine si è tutti un po’ più leggeri. Economicamente si intende.

La situazione in Italia è drasticamente frammentata. La prima distinzione riguarda la natura dei centri che possono essere pubblici, privati o privati convenzionati.

Questi ultimi sono la via di mezzo, un buon compromesso per non spendere cifre astronomiche e avere tuttavia un’assistenza di buon livello. Purtroppo i centri convenzionati sono pochi e spesso ci si deve recare in un’altra regione per poter usufruire dei servizi.

I centri che lavorano in regime totalmente privato hanno ovviamente brevi liste di attesa, o non le hanno affatto, ma i prezzi non sono accessibili per tutti. Parliamo di cifre che vanno dai quattro ai seimila euro per un tentativo in omologa, che può arrivare anche a sfiorare i diecimila per un’eterologa presso strutture che godono di una certa reputazione.

All’interno del calderone “centri pubblici”, ci sono ulteriori suddivisioni tante quante sono le regioni nel nostro Paese. Sì, perché l'accesso alle tecniche di Procreazione medicalmente assistita sono regolamentate dalle regioni e il divario in termini di quantità e qualità dell’offerta tra Nord (dove la disponibilità di strutture private e pubbliche si bilancia) e Sud (dove prevalgono centri privati) è notevole.

Questa disparità e diversità nel regolare una tematica così delicata, genera nelle coppie confusione, incertezza, disorientamento, ansia, stress.

Alcune coppie residenti in regioni che non garantiscono abbastanza fondi per accedere alle tecniche tramite il SSN (Servizio Sanitario Nazionale), si sentono discriminate, devono affrontare durissimi sacrifici per tentare di costruire una famiglia. Alcuni sono costretti ad abbandonare l’idea visti i costi proibitivi, le limitazioni e restrizioni poste dalla Amministrazioni.

Tutto questo per dire che in fondo, non dispiacerebbe se la nostra classe politica prendesse più seriamente, e forse anche a cuore, il tema legato alla fertilità, alla salute della coppia sia con attività di prevenzione che di cura. Perché i figli, la famiglia rimangono sempre la ricchezza più grande che abbiamo e va tutelata.

Qual è l’attuale situazione nella vostra regione?

 

a cura di www.natamamma.com per Conneggs