Ho 34 anni e sono sono reduce dal mio primo tentativo PMA (icsi) ... fallito!
Ad oggi, non siamo ancora riusciti a capire quale sia il nostro problema, sta di fatto che abbiamo ancora le braccia vuote.
Ma la mia storia non inizia qui.
La mia è una infertilità secondaria, ho già una figlia, una figlia monella che mi ha lasciata proprio nel più bello, a 39 settimane di gravidanza. Quindi ok, non cambio pannolini e non divento matta ad intrattenerla in questo periodo di quarantena, ma il mio cuore è in continuo lavoro nel gestire il nostro amore a distanza, il mio essere madre solo di cuore!
La mia bimba si chiama Margherita, proprio come la tua (riferimenti a Steffi Pohlig, la fondatrice di Conneggs), proprio come la canzone di Cocciante che tanto le ho cantato.
Dall’autopsia è risultato che Margherita ha avuto una emorragia cerebrale, non prevedibile, impossibile da diagnosticare in tempo.
Sin da piccola, il mio peggior incubo, è stato quello di non poter avere figli.
Perché se a 10 anni mi chiedevi “cosa vuoi fare da grande?” io rispondevo “LA MAMMA”.
È, per me, la parola più bella che esiste... Mamma, senti come suona bene?!
Eppure niente, oltre il danno, la beffa.
Ero pronta a sentirmi chiamare così e tutto è svanito. Ho lasciato tutte le sue cosine dove erano e ho deciso che ero pronta a riprovare... niente. Il vuoto.
Sono 5 anni, 5 anni in cui sono in lutto continuamente. Uno strazio!
Ho fatto diversi percorsi, più che altro per la gestione del lutto. Sentimento elaborato e con cui convivo serenamente. Amo parlare di Margherita, di come sarebbe, di come è stata dispettosa. Non è più un mio tabù, anzi, molto spesso lo è per gli altri che preferiscono non parlare di “queste cose”.
La cosa che più mi risulta difficile oggi è gestire l’infertilità.
Mi sento come un bambino a cui fai vedere una caramella, la può annusare, la può toccare e poi... eh no, tu non la puoi mangiare!!!!
Dopo questo primo tentativo ho capito che mi risulta anche difficile gestire la PMA.
Il post transfer mi ha fatto sentire proprio come quando c’era lei con me (maledetto progesterone) e quindi l’insuccesso mi ha risvegliato quelle emozioni fin troppo conosciute dentro di me. Tanto che non sono ancora sicura di voler riprovare, non c’è più spazio per il dolore.
Ho una blastocisti da poter trasferire nei prossimi mesi. Mi hanno assicurato che è un iter un po’ più “semplice” e questo mi rincuora. Mi avventurerò di nuovo e poi si vedrà.
In questa storia c’è anche un altro dettaglio, non legato alla gravidanza, ma è stato parte del mio percorso. Dopo un annetto dalla morte di nostra figlia, il papà di Margherita mi ha lasciata, abbiamo avuto due reazioni alla morte completamente diverse... e ci siamo persi.
Ma non tutto il male vien per nuocere, sono dovuta ripartire, sono andata a vivere da sola e... il mio vicino di casa oggi è il mio adorato marito! È stato la mia spalla, la mia salvezza, il mio migliore amico in quel periodo così buio e io ho subito capito che sarebbe stato l’amore della mia vita! Lui è il dono che mi ha fatto mia figlia, lo so per certo.
Abbiamo praticamente da subito deciso di avere un figlio, sono passati 3 anni e siamo ancora qua.
Ma non mollo perché... “lei vuole l’amore”!