Un giorno ti scoppia il cuore mentre acquisti la prima casa col tuo Lui, mentre pronunci il fatidico “Sì, lo voglio!”, mentre fai l’amore sotto le stelle fantasticando sui nomi da dare ai futuri figli; il giorno dopo siete voi due fianco a fianco, ma stavolta in un’asettica sala d’attesa di uno studio medico mentre le mani sudano freddo e gli occhi si gonfiano di lacrime. Siete lì, di fronte all’ennesimo test dal risultato inequivocabile. Siete lì a discutere su cose futili a cui prima neanche facevate caso, o che al limite vi strappavano un sorriso. Siete lì a fare l’amore dopo aver consultato l’app appena aggiornata, per monitorare i giorni “giusti” per farlo. Siete lì, di fronte all’ennesimo fallimento, dolore.
Niente è più come prima. Addio romanticismo. E la lista con i nomi preferiti finisce in fondo a un cassetto, insieme ai sogni, ai rimpianti, ai rimorsi. Le priorità vengono riviste e rivoluzionate alla luce di una diagnosi che suona come una condanna: “Infertilità” in alcuni casi; Sterilità in altri.
Una coppia si definisce infertile se non riesce a concepire dopo 12/24 mesi di rapporti non protetti e mirati. Non si tratta di una condizione assoluta, bensì di una situazione potenzialmente risolvibile e legata a uno o più fattori interferenti. L’ infertilità è un fenomeno che oggi interessa circa il 15-20% delle coppie.
La Sterilità descrive invece, la situazione di una coppia in cui uno o entrambi sono affetti da una condizione fisica permanente che non rende possibile il concepimento (es. azoospermia, menopausa precoce o assenza di utero congenita).
Questi termini suonano come uno spietato verdetto e i partner sperimentano uno stato di smarrimento, un vero shock.
“Perché a noi?”, “Avremo mai un figlio?”, “Cosa ci aspetta?”.
Sono solo alcune delle domande che invadono la mente annebbiata dei protagonisti di un percorso che è solo all’inizio.
Un vortice di emozioni travolge la coppia: rabbia, ansia, vergogna, sensi di colpa e inadeguatezza, voglia di isolarsi dal resto del mondo. Difficile da descrivere e ancor più improbabile è comprendere per chi (fortunatamente) non ha mai avuto a che fare con una condizione simile.
Tuttavia c’è da dire che la crisi della coppia si presenta in anticipo rispetto alla diagnosi che di solito arriva spietata, chiara, in bianco o nero su un referto, o pronunciata senza un briciolo di sensibilità ed empatia da un medico. Perché tendenzialmente prima di rivolgersi a un centro specializzato trascorrono mesi (o anni) di tentativi prima spontanei, poi mirati. Ogni mese, soprattutto la donna, vive l’arrivo del ciclo come un vero e proprio lutto dal quale si rialza sempre dopo qualche giorno. Il dolore è ormai parte di lei e col tempo la consuma, la cambia.
Ci si allontana: emotivamente, psicologicamente. E’ inevitabile.
Tutti gli aspetti della vita ne risentono: sociali, relazionali, lavorativi. Perché ci vuole una forza da supereroi per svegliarsi freschi e riposati la mattina, quando si è passata una notte insonne logorati dai pensieri.
Per una coppia sopravvivere a tutto questo rappresenta una lotta quotidiana. Le basi devono essere solidissime. Vengono scoperti nervi che fanno male nel viaggio alla ricerca di un figlio. Crollano certezze, vengono fuori tutte le fragilità sia individuali che della coppia.
Non è scontato rimanere insieme: non tutti riescono, o vogliono.
A volte è Lui a sentirsi in colpa; altre volte è Lei a convivere col peso di non essere in grado di dare la gioia più grande al suo partner. Ma ci sono tante altre dinamiche che stare qui semplicemente ad elencare significherebbe anche banalizzarle.
Sarebbe bello che un problema come questo non diventi più importante della persona che si ama, ma non è così facile e scontato.
Anche se spesso ci si protegge con delle maschere, ognuno dentro di sé sa il dolore che sta provando e quanto questo possa aver influito negativamente anche sulla coppia. Ognuno impara a conoscere i propri limiti oltre i quali non intende e non può andare, quante risorse ha per non crollare ancora. La cosa più saggia è ammettere a sé stessi, quando ci si rende conto di non farcela più da soli e occorre chiedere aiuto esterno perché,
per quanto pensiamo di essere forti, tutte le sofferenze e i mostri che affrontiamo, torneranno a bussarci alla porta prima poi, a chiederci il conto. E con gli interessi.
E te come hai affrontato la diagnosi e il percorso col tuo partner? Come siete sopravvissuti ai momenti più critici?
a cura di www.natamamma.com per Conneggs