Autore sconosciuto – Preso dal web (se dovessi essere tu che leggi l'autore contattaci a info@conneggs.com)
Io non lo sapevo ma il giorno in cui ho premuto il tasto dell’ascensore dell’Ospedale, per salire fino reparto di medicina della riproduzione, ho iniziato la mia trasformazione.
Dopo un po’ di tempo ho capito che non stava capitando solo a me ma che tutte le donne che posano le suole nei reparti PMA (procreazione medicalmente assistita) non sono più semplici donne ma, a poco a poco, si trasformano in “donne PMA”.
La donna PMA è differente.
La donna PMA, anzitutto, sviluppa un sesto senso che le consente di riconoscere un’altra donna PMA con un solo, fugace, sguardo.
E da lì le due donne PMA si attraggono come calamite e iniziano a parlare, e le loro parole diventano un mondo intero. Insomma, in un attimo, ti ritrovi a raccontare a una perfetta sconosciuta cose che hai taciuto perfino a tua madre.
Lo sguardo della donna PMA è inconfondibile. È uno sguardo indagatore e curiosissimo. Tipo quello di un felino a caccia.
Sì, perché la donna PMA studia continuamente, studia tutto. Potrebbe prendere una laurea in ostetricia e ginecologia, una in psicologia, una in dietologia e nutrizione e, di nascosto, una in medicina alternativa.
Al primo tentativo di fecondazione assistita siamo tutte delle bimbe sperdute, con gli occhi sgranati che si guardano attorno cercando di memorizzare il maggior numero di dati possibile (piano del reparto, centro prelievi, lettere e numeri delle stanze dei dottori, il ticket? Quando lo pago il ticket? Il prelievo quando lo faccio? Lo faccio prima o dopo l’ecografia?).
Per quanto i medici si sforzino di usare parole semplici per parlarci di cose che di semplice non hanno proprio nulla, capiamo poco, anzi pochissimo, li ascoltiamo, mute, perché la sola cosa che vogliamo sentirci dire, alla prima visita, è che funzionerà, che tutto andrà bene e che le percentuali di successo saranno altissime.
Alla seconda visita, però, arriviamo già dal dottore con una lista di domande precisissime, frutto di nottate insonni passate a scorrere tutto lo scibile presente sul web sull’argomento, e tutti i forum di altre donne PMA, e tutti i libri che esistono in commercio, e tutti i gruppi facebook e whatsapp in cui ci siamo infilate.
Insomma, cari dottori, non scherzate con una donna PMA perché vi saprà tenere testa e saprà porre obiezioni a ogni vostra singola affermazione, rischiando ma infischiandosene, che la facciate accompagnare fuori dall’edificio dalla sicurezza.
Agli incontri informativi voi ci ammonite “non confrontate i vostri piani terapeutici, saranno differenti, fareste solo confusione” Ah Ah Ah! Ma secondo voi? Noi dobbiamo sapere tutto, TUTTO, e perché a lei avete dato quello e a me quell’altro? Non è che mi farebbe meglio questo? Ah no, no, no, ora gli scrivo una mail e chiedo spiegazioni subito!
Una donna PMA conosce perfettamente i cibi che deve mangiare per aumentare capacità e qualità ovocitaria, Uova! Più uova! bio, ovviamente.
Una donna PMA conosce a menadito tutti gli antiossidanti e gli integratori da assumere, tutti carissimi e introvabilissimi, ma la donna PMA non si arrende e scandaglia tutto il globo terracqueo e il corriere Amazon diventa il suo spacciatore di fiducia.
Una donna PMA, conosce perfino i punti dell’agopuntura e della riflessologia plantare da andare a tucchignare per potenziare le percentuali di successo.
La donna PMA ha la tenacia di Gargamella e niente la potrà distogliere dal suo proposito di ricerca. Riuscirà a farsi scrivere ricette e a prenotare esami vincendo contro perfide segretarie e contro i CUP di tutta Italia, e anche d’oltralpe, se necessario.
La donna PMA si sottopone scientemente a indagini di ogni tipo e se sarà doloroso o meno ci penserà solo sul momento, che vuoi che sia, intanto poi passa.
Se la donna PMA prima della trasformazione aveva paura degli aghi, dopo la trasformazione, ha sempre paura degli aghi, fa semplicemente finta di essersene scordata. Si tappa occhi e naso e via di punture nella pancia, nel sedere, via libera ai prelievi e a tutto quello che deve essere.
E se la donna PMA prima della trasformazione era timida e preferiva farsi visitare solo da dottoresse, dopo la trasformazione perde ogni inibizione che le sue parti intime ormai hanno più spettatori giornalieri dei cinepanettoni sotto le feste di Natale.
La donna PMA sviluppa un senso di protezione del proprio compagno che, a confronto, la lupa grigia è una principiante. Piuttosto che farlo preoccupare sopporta qualsiasi cosa, arrivando a farsi qua e là le punture canticchiando e sorridendo amabilmente. Ciò facendo, la donna PMA, riesce, subdola, a persuadere il compagno a seguirla in qualsiasi visita e a fare qualsiasi trattamento, perfino le piroette dal santone darviscio.
La donna PMA, quando inizia a piangere, presa dalla stanchezza, mica piange normalmente. La donna PMA riesce a riempire sui dieci, ma anche quindici, catini di lacrime perché la sua stanchezza è così profonda che a tirarla fuori tutta non basta un piantino passeggero.
La donna PMA, dopo che si è pianta pure le lacrime della sua trisnonna, si lava la faccia si rifà il make up e via, si prenota un bel tampone, così, per ritrovare la serenità per un attimo perduta.
La donna PMA non ha tempo, deve correre. Sempre. E se l’obiettivo si sposta, lei aumenta la falcata.
La donna PMA è semplicemente una donna. Una donna come tutte le altre.
Solo che sta camminando su un selciato di sampietrini, con il tacco 12.
A spillo.