Ricevere una diagnosi di cancro è una delle esperienze più devastanti nella vita di qualsiasi persona. Reagire con resilienza alla notizia e alle conseguenze della malattia è un dono.
Oggi grazie allo sviluppo della ricerca scientifica e al miglioramento delle cure oncologiche, le percentuali di guarigione sono notevolmente aumentate rispetto al passato. Per molti giovani (in Italia circa 5mila donne e 3mila uomini scoprono la malattia prima dei 40 anni), sopravvivere a questo nemico, significa fare i conti con gli strascichi psicologici e fisici delle terapie antitumorali. I trattamenti medici e chirurgici infatti possono indurre menopausa precoce e infertilità sia femminile che maschile: questo ovviamente aggiunge nuovo dolore a quello già abbondantemente provato durante la malattia.
C’è speranza di una gravidanza dopo aver sconfitto il cancro?
Sì, diventare mamma anche dopo aver affrontato terapie oncologiche è possibile, ma per rendere questa eventualità una realtà, è necessario preservare la fertilità delle pazienti prima di sottoporsi a radioterapia o chemioterapia, trattamenti che possono creare danni irreversibili nella funzionalità ovarica, o danneggiare la capacità riproduttiva nell’uomo.
Oggi la Medicina offre un supporto attraverso la cosiddetta Oncofertilità., una nuova branca nata dalla fusione di competenze oncologiche e di preservazione della fertilità, che studia e propone a pazienti oncologici le più avanzate tecniche atte a preservare la fertilità. E' importante che il tema della Oncofertilità sia affrontato immediatamente dopo la diagnosi oncologica e prima di iniziare le terapie. Il tutto deve essere eseguito con delicatezza, consapevolezza ed empatia perché tali procedure si infiltrano in un contesto già difficile, in uno stato in cui i pazienti sono già provati dalla malattia.
Numerosi Ospedali pubblici (a Roma si trovano ad esempio il Regina Elena, il Policlinico Umberto I e l’ospedale Sandro Pertini) si sono organizzati per offrire questo tipo di assistenza e, attraverso un percorso di orientamento, danno supporto alle pazienti che hanno nel cuore il desiderio di avere un figlio.
Le attività che si svolgono nei centri di Oncofertilità sono finalizzate a informare adeguatamente la paziente circa le conseguenze di una terapia atta a sconfiggere la malattia e le eventuali possibilità che si hanno per avere un figlio una volta che il peggio sarà passato.
Tra questi ci sono:
L’Egg Freezing che consiste nel congelare gli ovociti a seguito di una stimolazione, per utilizzarli ai fini della fecondazione quando la malattia sarà debellata:
la conservazione del tessuto ovarico: questo tessuto, contenente ovociti, viene espiantato prima che le pazienti vengano sottoposte alle cure oncologiche. E’ una procedura utilizzata in pazienti molto giovani prima della comparsa della prima mestruazione, nei casi di neoplasie dove le cure ormonali sono sconsigliate o quando non si ha il tempo necessario per eseguire la stimolazione ovarica (30 giorni circa)
Per entrambe le tecniche si deve tenere in considerazione la buona prospettiva di guarigione della donna, l'età (non superiore ai 39 anni), una buona riserva ovarica.
Dopo aver sconfitto la malattia e aver scongiurato il rischio di recidive, si può tentare la fecondazione utilizzando gli ovociti o il tessuto ovarico congelato. Si raccomanda di far passare almeno 3 anni.
Visite, controlli, eventuali terapie per la fertilità vengono messe in atto in tempi molto brevi, perché poco è il tempo che si ha a disposizione per aiutare la paziente che di lì a poco dovrà accedere alle terapie di tipo oncologico.
Cosa si fa nel caso in cui non è stato possibili accedere alle pratiche di preservazione della fertilità?
Purtroppo non sempre i pazienti vengono informati circa le possibilità che ci sono oggi per preservare la propria fertilità. Ovviamente si è concentrati sul sopravvivere e sconfiggere la malattia. Dovrebbero essere i medici a guidare in questo percorso, indirizzare verso i centri di Oncofertilità.
Laddove non sia stato possibile sottoporsi alle tecniche di cui sopra, si può ricorrere, nei casi in cui l’utero sia rimasto indenne dalla malattia, alla Fecondazione Eterologa, che consiste nell’ovodonazione o, se il problema di fertilità è di natura maschile, a donazione di seme.
Il Centro spagnolo Institut Marquès che si occupa di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) ha recentemente pubblicato i dati inerenti alle pazienti da loro trattate: il 35% proviene da cancro al seno, il 29% da neoplasie ematologiche come leucemia o linfoma, il 14% ha combattuto contro il cancro ovarico.
La Spagna offre ulteriori alternative, sconosciute nel nostro Paese e che non troveranno applicazione almeno nel breve periodo.
Parliamo di Embrioadozione attraverso la quale una donna può trasferire embrioni di un’altra coppia che magari, avendo avuto altri figli, ha preferito non affrontare ulteriori gravidanze. In Italia invece, quando la coppia non intende sottoporsi ad altri transfer, gli embrioni in “sovrannumero” rimangono congelati e non possono essere utilizzati per altri scopi.
Insomma, la scienza continua a fare passi da gigante e oggi come è possibile sconfiggere una malattia distruttiva come il cancro e avere la visione di un futuro, deve essere una realtà possibile per tutti anche quella di costruire una famiglia, avere la speranza di una vita non legata unicamente alla sopravvivenza, ma anche alla realizzazione dei propri progetti di genitorialità.
Articolo redatto per Conneggs da www.natamamma.com
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