Maternità e la lotta contro il tempo. La nuova frontiera del Social Freezing

14, Jan, 20

Maternità e la lotta contro il tempo. La nuova frontiera del Social Freezing

 

Negli anni il ruolo della donna all’interno della famiglia e nella società è molto cambiato.

Mentre all’epoca delle nostre mamme, e ancor più frequente, delle nostre nonne, la donna era relegata a una posizione confinata dentro le mura domestiche, col tempo abbiamo assistito a una graduale emancipazione che ha visto un numero crescente di donne dedicarsi oltre alla famiglia anche alla propria affermazione professionale.

Quello su cui occorre soffermarsi e fare una riflessione è:

quanto ci è costata questa indipendenza?

Perché diciamolo, a noi donne è sempre stato chiesto più o meno esplicitamente di fare delle scelte, prima fra tutte: famiglia o carriera? Come se le due cose non fossero compatibili (e nel nostro Paese si fa di tutto per rendere reale e concreta questa incompatibilità).

 

Va da sé che la paura di ritrovarsi discriminate in ambito lavorativo, ha fatto sì che le donne hanno cominciato a spostare sempre più l’asticella che segnava il limite entro il quale costruire una famiglia.

A un certo punto le donne con il desiderio di avere un figlio e un partner con cui condividere questa esperienza, hanno cominciato a programmare una gravidanza.

 

La massima fertilità di una donna è tra i 20 e i 30 anni, il periodo in cui oggi maggiormente si è impegnati per porre le basi del proprio futuro tra studio e prime esperienze professionali.

Per gli uomini è tutto molto più semplice: con impegno, dedizione, ambizione e una buona dose di fortuna, possono quasi tutto; per le donne la storia è un’altra. La strada per loro è un percorso a ostacoli. Non basta sempre essere spigliate, competenti, sveglie, intelligenti, brillanti, acculturate. Le Donne devono dimostrare sempre qualcosa in più, a loro viene chiesto sempre quel qualcosa in più (o di troppo) a cominciare dal colloquio di lavoro.

In questa sede infatti la domanda in più è: “Hai figli?”, che nei fatti si chiama violazione dell’art 27 D.L. 198/2006 - Codice Pari Opportunità.

 

Se aspetti un bambino il quesito in più è: “Sicura di voler tornare al lavoro dopo il parto?”, un’intromissione fuori luogo nelle decisioni personali della donna-lavoratrice che mira a esercitare una sorta di pressione psicologica e invasione della sfera privata.

 

Se sei già mamma il sacrificio in più che viene richiesto è: “Puoi fare degli straordinari oggi!” Spesso dietro questa richiesta si cela la volontà di mettere alla prova la neo mamma.

 

Se sei rientrata dalla maternità, può capitare di essere confinate in un ufficio senza finestre con la scrivania contro il muro, con poche o nessuna indicazione sulle mansioni da svolgere (perché probabilmente quelle prima del parto sono state affidate ad altri colleghi).

Siamo più che onesti se chiamiamo questo tipo di trattamento, Mobbing.

 

Con queste premesse, come si può pensare che anche le donne che desiderano ardentemente una famiglia, possano farcela?

 

In un paese così ancorato alle tradizioni come l’Italia, così apparentemente attento alla famiglia, si fa di tutto affinché quella famiglia non si costituisca mai, a meno che la Donna non rinunci alla propria indipendenza come avveniva 60 anni fa.

 

La morale della favola è che per evitare ritorsioni (che poi avvengono in ogni caso), per veder ripagati i sacrifici di una vita, si aspetta, si rimanda, passano gli anni e con questi diminuiscono le percentuali di fertilità (sì, fredde percentuali), aumentano i rischi di aborto e i problemi di salute anche per l’uomo. Ecco qua che dal “Facciamo un figlio” al “C’eravamo tanto amati” il passo è breve.

Se non si avesse la paura di esser tagliate fuori dal mondo del lavoro, quante donne farebbero la scelta di diventare madri prima, anziché rimandare continuamente varcando la soglia degli “enta” e sempre più spesso gli “anta”?

Come stanno affrontando molti paesi questo problema contemporaneo che, come confermano i numeri, sembra non arrestarsi?

 

Ebbene, oggi si parla di Social Freezing (egg freezing), ovvero congelamento degli ovociti che consiste nella possibilità di conservare gli ovociti di cui si potrebbe avere bisogno domani, quando si desidera una gravidanza e magari l’età non lo permetterebbe più.

Tranne in alcuni casi di natura medica (come preservare la fertilità in caso di malattie come il cancro, menopausa precoce, endometriosi), le ragioni alla base di questa scelta sono appunto di natura sociale: studio, carriera, l’assenza di stabilità lavorativa o mancanza di un partner. Insomma, si mette “in pausa” la fertilità in attesa del momento giusto.

In Italia, non se ne parla molto e sono ancora poche le donne che ricorrono alla crioconservazione degli ovociti, mentre all’estero grandi realtà aziendali (a fare da apripista, qualche anno fa, Apple e Facebook) hanno cominciato a inserire questa tecnica tra i benefit da offrire alle dipendenti.

 

Come funziona il congelamento degli ovociti?

 

Il processo di congelamento, dopo le opportune analisi mediche, prevede una stimolazione ormonale e il successivo prelievo (Pick up) degli ovociti, il cui numero dipende dalla riserva ovarica della paziente. Ovviamente più si è giovani - ideale sarebbe prima dei 38 anni - maggiori possibilità si hanno di produrre un consistente numero di ovociti di qualità.

 

Successivamente, quando la donna deciderà di scongelarli per tentare una fecondazione, la tecnica che verrà utilizzata sarà l’ICSI (iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo).

 

Il costo (circa 4 mila euro) di questo programma rappresenta una barriera per molte donne.
Infatti non è una prestazione che si può svolgere col SSN: un’opportunità mancata per tutti, visto che anche il sistema sanitario nazionale risparmierebbe sui costi per le cure delle future donne che ricorrono intorno ai 40 anni (oggi sempre di più) alla PMA.

Oggi il mondo va veloce. Siamo sempre di corsa, programmiamo tutto, anche la gravidanza, che piaccia o no.

Ma una cosa deve essere chiara: non c’è nessuna garanzia che si instauri una gravidanza anche a seguito di una fecondazione, quindi le donne che decidono di investire in questa tecnica, devono essere consapevoli che ci sono rischi e possibilità o meno di successo. E’ un’opportunità in più che offre la scienza, ma rimandare la maternità solo perché incoraggiata da questa alternativa, non è la strada più sicura.

 

E voi, cosa ne pensate? Siete favoreli? Diteci la vostra!

 

a cura di www.natamamma.com per Conneggs