PMA e i diritti delle lavoratrici

29, Jun, 20

PMA e i diritti delle lavoratrici

Affrontare un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita, già di suo non è una passeggiata per una serie di motivazioni di carattere fisico, psicologico, economico.

Nella coppia a farsi carico degli aspetti più impattanti è sicuramente la donna che deve sottoporsi a terapie ormonali, numerosi controlli ecografici, esami invasivi. Tutto questo risulta estremamente difficile da incastrare con altre responsabilità soprattutto per le donne lavoratrici.

Immaginate (ma se state leggendo questo articolo, conoscete già bene l’argomento) cosa vuol dire dover continuamente chiedere permessi a lavoro sotto le occhiatacce e insinuazioni di colleghi e capi. Molto spesso si parla dello stress in relazione alle tecniche di fecondazione assistita, ma poche volte si dice che gran parte di esso è dovuto proprio alla gestione del percorso: quel lavoro è sacrosanto e serve anche per sostenere le spese (tantissime) che si devono affrontare, ma allo stesso tempo, ci esaurisce dover nascondere, inventare scuse, sopportare anche il peso di “non fare abbastanza” sul lavoro perché costrette ad assentarci.

Alcune preferiscono far coincidere l’inizio dei trattamenti con il periodo di ferie, così da non dover avanzare richieste sul lavoro.

Ma cosa dice la Legge in proposito?

Secondo la circolare INPS 7412 del 4 marzo 2005 “Le pratiche di procreazione assistita, pur non potendosi considerare “malattia” in senso classico, devono essere ad essa assimilate.”

E’ quindi possibile per la coppia ricorrere all’assenza retribuita dal lavoro.

Nel dettaglio: si ha diritto a tre settimane di malattia retribuita, 1 settimana prima del transfer + 2 settimane dopo il transfer. Queste ultime finalizzate a ridurre il rischio di contrazioni uterine indotte da sforzi anche minimi e a limitare lo stress che potrebbe causare oscillazioni ormonali col rischio di insuccesso della procedura.

Quali sono i passaggi per richiedere l’astensione retribuita?

Per richiedere l’astensione dal lavoro per trattamenti di Procreazione Assistita, sarà necessario che:

1) Il Centro presso il quale si è in cura, rilasci un certificato di “trattamento sterilità e fecondazione assistita” per le giornate di ricovero in day hospital necessari alle procedure di prelievo (Pick Ip) e trasferimento (Transfer) degli ovociti;

2) A seguito del certificato rilasciato dal Centro, il medico di base rilasci, per i giorni di assenza pre ricovero e post dimissione, il certificato di malattia con diagnosi “cure per fertilità e fecondazione assistita secondo circolare Inps 7412, 4 marzo 2005”.

Una copia del certificato contenente diagnosi e prognosi, verrà inviata telematicamente all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, mentre il datore di lavoro riceverà solo quello contenente la prognosi (i giorni di assenza).

Per effettuare visite di routine sempre legata alla PMA, controlli ecografici ed esami del sangue, si può ricorrere ad altri tipi di tutela normalmente previsti dai contratti collettivi nazionali, come i permessi orari.

Nel caso in cui si dovesse instaurare una gravidanza a seguito del transfer, a meno che non ci siano complicazioni o condizioni tali da richiedere le tutele di una gravidanza a rischio (es. età della futura mamma, gravidanza gemellare ecc..), sarà gestita come una normale gravidanza naturale.

Anche il lavoratore uomo, nel caso in cui sia necessario l’intervento per il prelievo di spermatozoi (TESE), potrà beneficiare dell’astensione per malattia retribuita fino a dieci giorni.

Come viene regolata l’assenza dal lavoro per trattamenti di Fecondazione assistita all’estero?

Innanzitutto c’è da precisare che l’assenza dal lavoro viene retribuita se ci si reca all’estero solo presso i Paesi facenti parte dell’Unione Europea e solo se si effettuano trattamenti consentiti anche in Italia.

Chiarito questi due punti, oltre al certificato, si dovrà informare l’Inps circa l’indirizzo in cui si è domiciliati in quei giorni e, una volta rientrati in Italia, l’indirizzo utile ai fini della visita fiscale.

Molte donne, per timore che qualche informazione possa trapelare portando a vociferare nell’ambiente di lavoro, continueranno a tacere, andando a lavoro nel post transfer o dopo il pick up. Questo non è salutare per il benessere psico-fisico della donna che dopo una stimolazione pesante, ha bisogno di riposo assoluto e a seguito di un transfer necessita di tranquillità senza affaticarsi eccessivamente.

Ci sono delle leggi che ci tutelano? Allora sfruttiamole senza provare a fare le Eroine. Viaggiamo sempre a tremila e ogni tanto è opportuno rallentare, anche fermarsi per evitare incidenti di percorso che mai potremmo perdonarci.

 

Articolo redatto per Conneggs da www.natamamma.com