Quando dire basta

17, Jun, 20

Quando dire basta?

Qual è il giusto prezzo da pagare per sostenere un sogno che non si avvera? Qual è il momento in cui dire basta, mettere un punto e voltare pagina? Quanto della propria vita, della propria relazione e di se stesse è giusto sacrificare? C’è un livello massimo di dolore da (e che si è in grado di) sopportare?

Per le donne la cui realizzazione passa anche attraverso la maternità, il dolore per quel figlio che non arriva sembra non finire mai e ci si abitua a conviverci. Questo non vuol dire che finisce col fare meno male. Sta solo a significare si è più preparate a quegli sbalzi di umore che fanno piangere per nulla, ogni azione che compiamo sembra secondaria, priva di valore. Ci si sente nate per provare quel disagio perenne, quell’incompletezza che rende diverse. Da un momento all’altro dimentichiamo chi eravamo. Non ce lo meritiamo! Proprio noi che volevamo quel figlio più di chiunque altra.

 Ti scava dentro quel dolore e non hai tempo per altro. Ti assorbe. Non è giusto.

Una marea di persone che nulla sanno a proposito dell’infertilità e del dolore cerca di convincerti che si vive benissimo anche senza figli, che accanirsi è “contro natura”.


Ma chi è che l’ha deciso che dovremmo essere felici anche senza un figlio? Abbiamo il diritto di vivercelo il dolore.

 


Se ci fermassimo a osservare nella quotidianità i dettagli delle vite altrui (al supermercato, i vicini, le amiche), ci accorgeremmo che per coloro i cui pezzi del puzzle della vita hanno trovato la loro collocazione fin da subito, senza troppi tentativi a vuoto, tutto è stato più facile.

Come sarebbe stata la vita di chi ha dovuto caricarsi il peso dell’infertilità se non avesse dovuto affrontare tanto dolore, sacrifici, fallimenti?

Quei soldi sarebbero stati probabilmente investiti in viaggi oltreoceano, il tempo per coltivare le amicizie trascurate, le energie investite per l’affermazione professionale. Il tutto condito da una famiglia completa e felice. Bambini arrivati nel momento desiderato, gravidanze lisce come l’olio. Quante cose in più (e più gradevoli) sarebbero state compiute invece di essere alla costante e disperata ricerca di un figlio tra punture in pancia, visite, monitoraggi, illusioni e delusioni?

C’è chi entra nel loop decisa a non uscirne fino a che non avrà il bebè in braccio; c’è chi, al contrario si pone fin da subito dei limiti.

Per le prime diventa una vera ossessione, una droga. La scienza si trasforma nella Religione in cui avere Fede e diventa difficile accettare che non tutto è possibile. Si vive in funzione della ricerca del figlio desiderato. Si sente l’adrenalina a mille prima di iniziare un nuovo ciclo terapeutico. La psicoterapeuta Ute Auhagen-Stephanos parla di sindrome da “desiderio di un figlio” in cui si alternano fasi di euforia in concomitanza all’ovulazione a momenti di sconforto con l’arrivo della mestruazione.

Per chi si arrende invece (circa il 25% abbandonano il percorso PMA dopo il primo ciclo; col il secondo tentativo si sale al 35% a conferma del fatto che questa strada non è certo da prendere con leggerezza) le cause sono diverse.

Ci si arrende per le aspettative che vengono disattese, per le delusioni continue. C’è chi si arrende varcati gli “anta” non avendo più le statistiche dalla sua parte, chi per stanchezza emotiva e fisica, chi ha prosciugato i conti in banca, chi ha scelto di percorrere altre strade come l’adozione, chi reduce da fin troppi tentativi infruttuosi, viene cordialmente invitato a riflettere sull’ipotesi di dire basta dagli stessi medici.

Solo chi è reduce da diversi fallimenti naturali e non, conosce quel senso di frustrazione misto a impotenza, rabbia, dolore.

Il momento di dire basta lo conosciamo solo noi. E’ come vedere le luci che si abbassano e un sipario che lentamente scende su una triste opera teatrale. Il finale non sarà stato quello desiderato, ma deve finire così. Qua. In questo istante.

Non hai più lacrime da piangere. Riprendi le tue forze e trova la te stessa prima che tutto questo ti riduca ad essere solo la tua dipendenza da gravidanza.

La risposta giusta non ce la darà mai nessuno: è dentro ogni donna. L’importante è dire basta quando si è sicure che non si avranno mai rimpianti per non aver continuato, perché un giorno potremmo non essere in grado di perdonarci.

 

A cura di Natamamma per Conneggs